Oggi
le pubblicazioni sull'autostima affollano gli scaffali delle
librerie; questo tema è, in effetti, divenuto di interesse generale.
Ho letto alcuni di questi testi e trovo che molto di quello che vi è
scritto sia stato già detto con ampia chiarezza da molti filosofi.
In
particolare mi sono tornate alla memoria le parole di un filosofo che
amo, racchiuse nel suo saggio “Fiducia in se stessi”; si tratta
di Ralph Waldo Emerson, filosofo americano vissuto nel XIX secolo1.
Parlare
del suo saggio mi offre tra l'altro l'occasione non solo di mettere
in evidenza quanto attuali siano molti autori e filosofi del passato,
ma anche di ricollegarmi a quanto detto in un precedente post (del
19/01/15) sulla natura della filosofia (così come il filosofo antico
Platone l'aveva definita) e sulla sua utilità, cioè sulla sua
capacità di migliorare l'esistenza degli uomini.
Di
fatto, quanto afferma Emerson si ricollega al concetto platonico di
filosofia, alla filosofia intesa come strumento per diventare
individui in grado di operare le proprie scelte in modo autonomo, con
coscienza, lucidità e con uno spiccato senso critico, e capaci poi
di percorrere con fermezza la strada scelta.
In Emerson questi
concetti si traducono nella virtù di dare credibilità al proprio
pensiero più intimo e alle proprie convinzioni, nella capacità di
essere semplicemente se stessi.
Il saggio infatti ci
parla proprio dell'unicità di ciascuno di noi, e non solo; ci parla
soprattutto del grande potere che deriva da questa unicità e
irripetibilità, che detta un modo di pensare e di essere
assolutamente indipendente, inimitabile.
Dice Emerson nel saggio:
“Date voce alla
convinzione latente in voi, ed essa prenderà significato
universale.”2
E ancora:
“Il merito maggiore che
noi attribuiamo a Mosé, a Platone e a Milton è che essi non tennero
in nessun conto libri e tradizioni, ed espressero non ciò che gli
altri uomini pensavano, ma ciò che essi pensavano. Ognuno
dovrebbe imparare a scoprire e a tenere d'occhio quel barlume di luce
che gli guizza dentro la mente più che lo scintillio del firmamento
dei bardi e dei sapienti. E invece ognuno dismette, senza dargli
importanza, il suo pensiero, proprio perché è il suo. E intanto, in
ogni opera di genio riconosciamo i nostri propri pensieri rigettati;
ritornano a noi ammantati di una maestà che altri hanno saputo dar
loro.”3
Vivere quasi totalmente
della propria interiorità, poiché niente è più sacro
dell'integrità della mente, questo è uno dei messaggi più
interessanti trasmessi da Emerson:
“Nessuna legge può per
me essere sacra se non quella della mia natura [...] provo un senso
di vergogna quando penso con quanta facilità tutti finiamo invece
col capitolare di fronte a nomi e a insegne, grandi società e
istituzioni defunte.”4
Essere se stessi è
fondamentale, essere delle persone autentiche vale più di ogni cosa.
Essere franchi con se
stessi è anche un modo per conoscersi, quindi per accettarsi e poi
per migliorarsi. Non c'è bene più prezioso del proprio io, e non
c'è scelta più saggia di quella di appropriarsi e possedere il
proprio sé. L'io autentico di ciascuno di noi è come una base
solida sulla quale edificare tutta la nostra vita, i rapporti con gli
altri, le scelte che ogni giorno siamo chiamati a fare.
“La mia vita vale per se
stessa e non per dare spettacolo. Preferisco che sia in tono minore,
ma genuina e univoca, piuttosto che brillante e instabile.”5
La forza dell'istinto,
molto più dei calcoli della ragione, è in grado di farci da guida e
di indicarci il modo di condurre la propria esistenza, cioè seguendo
se stessi, le più intime convinzioni, il proprio genio, come lo
chiama Emerson.
Questa voce interiore,
che ognuno di noi dovrebbe imparare ad ascoltare, è la più sincera
di tutte, di certo più sincera delle molteplici voci che si
accavallano spesso intorno a noi, che spesso esprimono dissenso e
critica, perfino riprovazione.
“Io fuggo padre e madre,
moglie e fratello quando il mio genio mi chiama.”6
dice Emerson citando
Matteo , X, 34-37.
Quando decidiamo di
ignorare questa voce interiore, non solo siamo perseguitati dal
rimpianto, che di per sé non è poca cosa, ma abbiamo in realtà
commesso un errore ben più grave: di fatto abbiamo messo a tacere,
abbiamo messo all'angolo, togliendole ogni credibilità, la parte più
importante di noi stessi, assestando un duro colpo alla nostra
autostima, indebolendo la fiducia in noi stessi e la capacità di
reagire, e ci siamo privati della possibilità di prendere finalmente
in mano la nostra vita.
La voce interiore, dice
Emerson, è quella che udiamo con estrema chiarezza nei nostri
momenti di solitudine, ma è la stessa che poi diventa fioca e non
più udibile quando rientriamo nel mondo, cioè quando siamo insieme
agli altri.
Questo è dovuto al fatto
che, purtroppo, spesso nella società la verità più apprezzata non
è la fiducia in se stessi, non è la creatività del singolo, né il
genio, ma il conformismo; e il conformismo,
“...non ama le realtà
vere, né gli spiriti creativi, ma solo nomi e consuetudini [ ] Per
il tuo non-conformismo il mondo ti colpirà e non ti avrà in nessuna
considerazione.”7
Non aspettiamoci, quindi,
dagli altri delle lodi o dei complimenti per il nostro
anticonformismo, per la nostra scelta di essere autentici;
ciononostante bisognerebbe trovare il coraggio di essere se stessi
sempre e comunque.
Concludo il post con
queste splendide parole, che dovrebbero permanere indelebili nella
nostra coscienza:
“Quel che io debbo fare
è quanto riguarda me, non ciò che la gente ne pensa. Una tale
regola, tutt'altro che facile da applicare sia nella vita pratica che
in quella intellettuale, potrebbe servire come esatta distinzione tra
grandezza e mediocrità. Tutto è poi reso arduo dal fatto che c'è
sempre qualcuno che crede di sapere quali siano i tuoi doveri meglio
di quanto non sappia tu stesso. E' facile, nel mondo, vivere secondo
l'opinione del mondo; è facile, in solitudine, vivere secondo noi
stessi; ma l'uomo grande è colui che in mezzo alla folla conserva
con perfetta serenità l'indipendenza della solitudine.”8
Il saggio “Fiducia in
se stessi” è solo uno dei saggi bellissimi di Emerson, che
varrebbe davvero la pena di leggere e conservare. E su questo saggio
credo che tornerò in altri post, per parlarvi di altri spunti
interessanti e preziosi.
1Il
saggio in questione è contenuto in R. W. Emerson, Natura e altri
saggi”, a c. di Tommaso Pisanti, Biblioteca Universale
Rizzoli, Milano, 1990.
2Ivi,
p. 91.
3Ivi,
p. 92.
4Ivi,
p. 95-96.
5Ivi,
p. 97.
6Ivi,
p. 96.
7Ivi,
p. 99.
8Ivi,
p. 98.
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