giovedì 5 febbraio 2015

Filosofia e fiducia in se stessi


Oggi le pubblicazioni sull'autostima affollano gli scaffali delle librerie; questo tema è, in effetti, divenuto di interesse generale. Ho letto alcuni di questi testi e trovo che molto di quello che vi è scritto sia stato già detto con ampia chiarezza da molti filosofi.

In particolare mi sono tornate alla memoria le parole di un filosofo che amo, racchiuse nel suo saggio “Fiducia in se stessi”; si tratta di Ralph Waldo Emerson, filosofo americano vissuto nel XIX secolo1.
Parlare del suo saggio mi offre tra l'altro l'occasione non solo di mettere in evidenza quanto attuali siano molti autori e filosofi del passato, ma anche di ricollegarmi a quanto detto in un precedente post (del 19/01/15) sulla natura della filosofia (così come il filosofo antico Platone l'aveva definita) e sulla sua utilità, cioè sulla sua capacità di migliorare l'esistenza degli uomini.
Di fatto, quanto afferma Emerson si ricollega al concetto platonico di filosofia, alla filosofia intesa come strumento per diventare individui in grado di operare le proprie scelte in modo autonomo, con coscienza, lucidità e con uno spiccato senso critico, e capaci poi di percorrere con fermezza la strada scelta.
In Emerson questi concetti si traducono nella virtù di dare credibilità al proprio pensiero più intimo e alle proprie convinzioni, nella capacità di essere semplicemente se stessi.
Il saggio infatti ci parla proprio dell'unicità di ciascuno di noi, e non solo; ci parla soprattutto del grande potere che deriva da questa unicità e irripetibilità, che detta un modo di pensare e di essere assolutamente indipendente, inimitabile.

Dice Emerson nel saggio:

“Date voce alla convinzione latente in voi, ed essa prenderà significato universale.”2

E ancora:

Il merito maggiore che noi attribuiamo a Mosé, a Platone e a Milton è che essi non tennero in nessun conto libri e tradizioni, ed espressero non ciò che gli altri uomini pensavano, ma ciò che essi pensavano. Ognuno dovrebbe imparare a scoprire e a tenere d'occhio quel barlume di luce che gli guizza dentro la mente più che lo scintillio del firmamento dei bardi e dei sapienti. E invece ognuno dismette, senza dargli importanza, il suo pensiero, proprio perché è il suo. E intanto, in ogni opera di genio riconosciamo i nostri propri pensieri rigettati; ritornano a noi ammantati di una maestà che altri hanno saputo dar loro.”3

Vivere quasi totalmente della propria interiorità, poiché niente è più sacro dell'integrità della mente, questo è uno dei messaggi più interessanti trasmessi da Emerson:

Nessuna legge può per me essere sacra se non quella della mia natura [...] provo un senso di vergogna quando penso con quanta facilità tutti finiamo invece col capitolare di fronte a nomi e a insegne, grandi società e istituzioni defunte.4


Essere se stessi è fondamentale, essere delle persone autentiche vale più di ogni cosa.
Essere franchi con se stessi è anche un modo per conoscersi, quindi per accettarsi e poi per migliorarsi. Non c'è bene più prezioso del proprio io, e non c'è scelta più saggia di quella di appropriarsi e possedere il proprio sé. L'io autentico di ciascuno di noi è come una base solida sulla quale edificare tutta la nostra vita, i rapporti con gli altri, le scelte che ogni giorno siamo chiamati a fare.

La mia vita vale per se stessa e non per dare spettacolo. Preferisco che sia in tono minore, ma genuina e univoca, piuttosto che brillante e instabile.5

La forza dell'istinto, molto più dei calcoli della ragione, è in grado di farci da guida e di indicarci il modo di condurre la propria esistenza, cioè seguendo se stessi, le più intime convinzioni, il proprio genio, come lo chiama Emerson.
Questa voce interiore, che ognuno di noi dovrebbe imparare ad ascoltare, è la più sincera di tutte, di certo più sincera delle molteplici voci che si accavallano spesso intorno a noi, che spesso esprimono dissenso e critica, perfino riprovazione.

Io fuggo padre e madre, moglie e fratello quando il mio genio mi chiama.”6

dice Emerson citando Matteo , X, 34-37.

Quando decidiamo di ignorare questa voce interiore, non solo siamo perseguitati dal rimpianto, che di per sé non è poca cosa, ma abbiamo in realtà commesso un errore ben più grave: di fatto abbiamo messo a tacere, abbiamo messo all'angolo, togliendole ogni credibilità, la parte più importante di noi stessi, assestando un duro colpo alla nostra autostima, indebolendo la fiducia in noi stessi e la capacità di reagire, e ci siamo privati della possibilità di prendere finalmente in mano la nostra vita.

La voce interiore, dice Emerson, è quella che udiamo con estrema chiarezza nei nostri momenti di solitudine, ma è la stessa che poi diventa fioca e non più udibile quando rientriamo nel mondo, cioè quando siamo insieme agli altri.
Questo è dovuto al fatto che, purtroppo, spesso nella società la verità più apprezzata non è la fiducia in se stessi, non è la creatività del singolo, né il genio, ma il conformismo; e il conformismo,

“...non ama le realtà vere, né gli spiriti creativi, ma solo nomi e consuetudini [ ] Per il tuo non-conformismo il mondo ti colpirà e non ti avrà in nessuna considerazione.7

Non aspettiamoci, quindi, dagli altri delle lodi o dei complimenti per il nostro anticonformismo, per la nostra scelta di essere autentici; ciononostante bisognerebbe trovare il coraggio di essere se stessi sempre e comunque.

Concludo il post con queste splendide parole, che dovrebbero permanere indelebili nella nostra coscienza:

Quel che io debbo fare è quanto riguarda me, non ciò che la gente ne pensa. Una tale regola, tutt'altro che facile da applicare sia nella vita pratica che in quella intellettuale, potrebbe servire come esatta distinzione tra grandezza e mediocrità. Tutto è poi reso arduo dal fatto che c'è sempre qualcuno che crede di sapere quali siano i tuoi doveri meglio di quanto non sappia tu stesso. E' facile, nel mondo, vivere secondo l'opinione del mondo; è facile, in solitudine, vivere secondo noi stessi; ma l'uomo grande è colui che in mezzo alla folla conserva con perfetta serenità l'indipendenza della solitudine.8

Il saggio “Fiducia in se stessi” è solo uno dei saggi bellissimi di Emerson, che varrebbe davvero la pena di leggere e conservare. E su questo saggio credo che tornerò in altri post, per parlarvi di altri spunti interessanti e preziosi.




1Il saggio in questione è contenuto in R. W. Emerson, Natura e altri saggi”, a c. di Tommaso Pisanti, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1990.
2Ivi, p. 91.
3Ivi, p. 92.
4Ivi, p. 95-96.
5Ivi, p. 97.
6Ivi, p. 96.
7Ivi, p. 99.
8Ivi, p. 98.

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