Cos'ha a che fare un
serial americano con la disputa medievale sugli universali e con
l'inizio della filosofia moderna?
Guardavo, tempo fa, una
puntata di Mad Man, una delle serie americane che apprezzo di
più; in essa veniva riportato un aneddoto, una vicenda
apparentemente di poca importanza, accaduta in un asilo: un bambino
aveva domandato alla sua maestra: “Maestra, ma come faccio a sapere
se il colore blu che vedo io è lo stesso che vedono gli altri?”.
La maestra aveva
risposto, semplicemente e onestamente “Non lo so” e riportando in
seguito l'aneddoto ad una collega, aveva aggiunto: “Non ho saputo
rispondere a quella domanda, ma mi piace il fatto che quel bambino mi
ci abbia fatto pensare”.
Quello che fa riflettere
me è che la questione posta da un bambino dell'asilo sia la stessa
su cui hanno riflettuto, seriamente e approfonditamente, i filosofi
del tardo medioevo, dando vita a quella che è passata alla storia
come la “Questione degli universali”.
Non solo, la domanda che
quel bambino si è posto ci porta dritti dritti ad un'importante tesi
sostenuta da Cartesio, filosofo vissuto nel 1600 e definito il
padre della filosofia moderna.
E poi si fa fatica a
credere davvero che i bambini siano tutti filosofi!
Sì, perché spesso le
domande dei filosofi, quelle che sembrano tant0 complicate, oscure e
inutili, sono le stesse semplici domande che si pone un bambino o
quelle che in certi giorni ci poniamo anche noi, magari passeggiando
distrattamente per le strade della nostra città o mentre affettiamo
le verdure preparando la cena.
Le domande profonde,
quelle essenziali, tornano sempre in un modo o nell'altro, ed esigono
da noi delle risposte...
Ora, in realtà quando ci
chiediamo se il blu che vediamo noi è lo stesso blu che vedono gli
altri, ci stiamo domandando non una, ma due cose:
a) se tutti vediamo le
stesse cose;
b) se quello che
percepiamo, esiste nella realtà così come lo percepiamo.
Si tratta di due questioni differenti. In questo post vi parlerò solo della questione b) e per questo prenderò in considerazione la tesi di Cartesio; per la questione la questione a) – la questione sugli universali - vi aspetto in un altro post.
Perciò vi chiedo (così
come se l'è chiesto quel bambino): siete davvero sicuri di conoscere
le cose che ci circondano per come sono realmente? E chi vi dà
questa certezza?
La mela rossa che vedo
nella fruttiera sul tavolo della mia cucina, è davvero così come la
percepiscono i miei sensi?
Potreste obiettare:
“Perché non dovrebbe essere così? La mela è lì che giace nella
fruttiera: la vedo; se poi la prendo tra le mani, ne avverto il peso,
ne sento la consistenza; posso sentirne il profumo. Quindi ho una
conoscenza certa di quella mela.
Magari fosse così
semplice: la certezza che avete riguarda la conoscenza sensibile
della mela, quella che deriva dai nostri sensi.
Ma cosa mi dite della
conoscenza della mente, quella intellettuale?
Cioè di quella
conoscenza che si forma nella nostra mente nel momento in cui il
nostro corpo percepisce un oggetto? Sto parlando del concetto di una
cosa, del concetto di mela, che nasce nella mia mente quando vedo una
mela sul mio tavolo.
Siamo sicuri che il
concetto di mela che abbiamo in testa corrisponde perfettamente alla
mela che si trova sul mio tavolo extra mente (fuori dalla mia
mente)?
Questo si domandavano i
filosofi e questo si è anche chiesto Cartesio che, nel 1600,
risponde in modo nuovo, radicale, e segna con la sua risposta la
nascita della filosofia moderna, cioè un nuovo modo di pensare
rispetto al passato: “Non possiamo avere questa certezza, - dice
Cartesio - perché con la nostra mente noi non conosciamo l'oggetto
fuori di noi, ma piuttosto conosciamo l'idea di
quell'oggetto”.
Cartesio ha ragione.
Probabilmente per molti
il problema non si pone, ma se ci fermiamo un attimo a riflettere
bene sulla cosa, arriveremo a comprendere che l'oggetto fisico è
realmente “toccato” solo dal nostro corpo (attraverso i cinque
sensi), ma non dalla nostra mente. Eppure la nostra mente si forma un
concetto di quell'oggetto, cioè una conoscenza.
Allora cosa la nostra
mente conosce realmente di quell'oggetto? Di quella mela nella mia
fruttiera? Di quel colore blu?
Come sostiene Cartesio,
la mia mente conosce solo idee.
Non
gli oggetti, ma le idee di quegli oggetti.
Quindi
è corretto dire che la mia mente conosce la realtà non direttamente
(perché
non la percepisce direttamente come fa il mio corpo) ma
indirettamente
attraverso le idee delle cose.
Un
albero è un oggetto fatto di materia, che come tale cade sotto i
nostri sensi (lo vediamo, lo tocchiamo, lo annusiamo ecc.); invece
l'idea
di quell'albero è una realtà immateriale, spirituale potremmo dire,
esiste nella mente umana. La mia mente conosce solo
l'idea di quell'oggetto, cioè solo la rappresentazione
mentale
di quella mela. Ma non può conoscere direttamente la mela.
E qui
sorge il problema, lo stesso che si è posto quel bambino: chi mi
dice che l'idea che la mia mente si forma è uguale alla cosa stessa?
Che l'idea di mela che ho nella mente sia uguale alla mela che si
trova nel portafrutta sul tavolo della mia cucina? E se quel tale
colore io lo vedessi blu, e un altro lo vedesse rosso, e nella realtà
fosse addirittura giallo?
La prima volta che ho
letto le parole di Cartesio, non mi sono sembrate così innovative,
ma quando ne ho compreso davvero il senso, ho capito che si trattava
di qualcosa di sconvolgente. C'è come un velo tra la nostra mente,
cioè tra quello che noi consociamo davvero del mondo fuori di noi, e
quel mondo. Siamo come intrappolati nella natura immateriale della
nostra mente, non possiamo uscire e raggiungere la realtà fuori di
noi.
Si è vero, tocchiamo
tutto con i cinque sensi, ma i cinque sensi sono notoriamente
fallaci, ingannevoli. La nostra conoscenza ha forse bisogno di
partire dai sensi, ma termina sempre nella mente, e si forma dei
concetti. Ma questi concetti non saranno mai l'oggetto stesso, sono
solo una rappresentazione mentale.
Alla fine Cartesio trova
il modo di restituirci la possibilità di avere una conoscenza
veritiera della realtà. A quel bambino Cartesio risponderebbe che
esiste il modo di sapere se il blu che vedo io è quello che vedono
gli altri.
Ma io
passo a voi la palla, filosofi ritrovati, e vi sfido a trovare la
vostra risposta. Chissà che un giorno non vi sentiate rivolgere
quella stessa domanda da un vostro allievo, o dal vostro fratellino
minore o da vostro figlio!
Per
la risposta di Cartesio, ci ritroviamo in un altro post!
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