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domenica 21 febbraio 2016

Il colore blu e l'inizio della filosofia moderna

Cos'ha a che fare un serial americano con la disputa medievale sugli universali e con l'inizio della filosofia moderna?

Guardavo, tempo fa, una puntata di Mad Man, una delle serie americane che apprezzo di più; in essa veniva riportato un aneddoto, una vicenda apparentemente di poca importanza, accaduta in un asilo: un bambino aveva domandato alla sua maestra: “Maestra, ma come faccio a sapere se il colore blu che vedo io è lo stesso che vedono gli altri?”.
La maestra aveva risposto, semplicemente e onestamente “Non lo so” e riportando in seguito l'aneddoto ad una collega, aveva aggiunto: “Non ho saputo rispondere a quella domanda, ma mi piace il fatto che quel bambino mi ci abbia fatto pensare”.

Quello che fa riflettere me è che la questione posta da un bambino dell'asilo sia la stessa su cui hanno riflettuto, seriamente e approfonditamente, i filosofi del tardo medioevo, dando vita a quella che è passata alla storia come la “Questione degli universali”.
Non solo, la domanda che quel bambino si è posto ci porta dritti dritti ad un'importante tesi sostenuta da Cartesio, filosofo vissuto nel 1600 e definito il padre della filosofia moderna.

E poi si fa fatica a credere davvero che i bambini siano tutti filosofi!
Sì, perché spesso le domande dei filosofi, quelle che sembrano tant0 complicate, oscure e inutili, sono le stesse semplici domande che si pone un bambino o quelle che in certi giorni ci poniamo anche noi, magari passeggiando distrattamente per le strade della nostra città o mentre affettiamo le verdure preparando la cena.

Le domande profonde, quelle essenziali, tornano sempre in un modo o nell'altro, ed esigono da noi delle risposte...

Ora, in realtà quando ci chiediamo se il blu che vediamo noi è lo stesso blu che vedono gli altri, ci stiamo domandando non una, ma due cose:
a) se tutti vediamo le stesse cose;
b) se quello che percepiamo, esiste nella realtà così come lo percepiamo.

Si tratta di due questioni differenti. In questo post vi parlerò solo della questione b) e per questo prenderò in considerazione la tesi di Cartesio; per la questione la questione a) – la questione sugli universali - vi aspetto in un altro post.

Perciò vi chiedo (così come se l'è chiesto quel bambino): siete davvero sicuri di conoscere le cose che ci circondano per come sono realmente? E chi vi dà questa certezza?
La mela rossa che vedo nella fruttiera sul tavolo della mia cucina, è davvero così come la percepiscono i miei sensi?

Potreste obiettare: “Perché non dovrebbe essere così? La mela è lì che giace nella fruttiera: la vedo; se poi la prendo tra le mani, ne avverto il peso, ne sento la consistenza; posso sentirne il profumo. Quindi ho una conoscenza certa di quella mela.

Magari fosse così semplice: la certezza che avete riguarda la conoscenza sensibile della mela, quella che deriva dai nostri sensi.
Ma cosa mi dite della conoscenza della mente, quella intellettuale?
Cioè di quella conoscenza che si forma nella nostra mente nel momento in cui il nostro corpo percepisce un oggetto? Sto parlando del concetto di una cosa, del concetto di mela, che nasce nella mia mente quando vedo una mela sul mio tavolo.
Siamo sicuri che il concetto di mela che abbiamo in testa corrisponde perfettamente alla mela che si trova sul mio tavolo extra mente (fuori dalla mia mente)?

Questo si domandavano i filosofi e questo si è anche chiesto Cartesio che, nel 1600, risponde in modo nuovo, radicale, e segna con la sua risposta la nascita della filosofia moderna, cioè un nuovo modo di pensare rispetto al passato: “Non possiamo avere questa certezza, - dice Cartesio - perché con la nostra mente noi non conosciamo l'oggetto fuori di noi, ma piuttosto conosciamo l'idea di quell'oggetto”.

Cartesio ha ragione.
Probabilmente per molti il problema non si pone, ma se ci fermiamo un attimo a riflettere bene sulla cosa, arriveremo a comprendere che l'oggetto fisico è realmente “toccato” solo dal nostro corpo (attraverso i cinque sensi), ma non dalla nostra mente. Eppure la nostra mente si forma un concetto di quell'oggetto, cioè una conoscenza.
Allora cosa la nostra mente conosce realmente di quell'oggetto? Di quella mela nella mia fruttiera? Di quel colore blu?
Come sostiene Cartesio, la mia mente conosce solo idee.
Non gli oggetti, ma le idee di quegli oggetti.
Quindi è corretto dire che la mia mente conosce la realtà non direttamente (perché non la percepisce direttamente come fa il mio corpo) ma indirettamente attraverso le idee delle cose.
Un albero è un oggetto fatto di materia, che come tale cade sotto i nostri sensi (lo vediamo, lo tocchiamo, lo annusiamo ecc.); invece l'idea di quell'albero è una realtà immateriale, spirituale potremmo dire, esiste nella mente umana. La mia mente conosce solo l'idea di quell'oggetto, cioè solo la rappresentazione mentale di quella mela. Ma non può conoscere direttamente la mela.

E qui sorge il problema, lo stesso che si è posto quel bambino: chi mi dice che l'idea che la mia mente si forma è uguale alla cosa stessa? Che l'idea di mela che ho nella mente sia uguale alla mela che si trova nel portafrutta sul tavolo della mia cucina? E se quel tale colore io lo vedessi blu, e un altro lo vedesse rosso, e nella realtà fosse addirittura giallo?

La prima volta che ho letto le parole di Cartesio, non mi sono sembrate così innovative, ma quando ne ho compreso davvero il senso, ho capito che si trattava di qualcosa di sconvolgente. C'è come un velo tra la nostra mente, cioè tra quello che noi consociamo davvero del mondo fuori di noi, e quel mondo. Siamo come intrappolati nella natura immateriale della nostra mente, non possiamo uscire e raggiungere la realtà fuori di noi.
Si è vero, tocchiamo tutto con i cinque sensi, ma i cinque sensi sono notoriamente fallaci, ingannevoli. La nostra conoscenza ha forse bisogno di partire dai sensi, ma termina sempre nella mente, e si forma dei concetti. Ma questi concetti non saranno mai l'oggetto stesso, sono solo una rappresentazione mentale.

Alla fine Cartesio trova il modo di restituirci la possibilità di avere una conoscenza veritiera della realtà. A quel bambino Cartesio risponderebbe che esiste il modo di sapere se il blu che vedo io è quello che vedono gli altri.
Ma io passo a voi la palla, filosofi ritrovati, e vi sfido a trovare la vostra risposta. Chissà che un giorno non vi sentiate rivolgere quella stessa domanda da un vostro allievo, o dal vostro fratellino minore o da vostro figlio!

Per la risposta di Cartesio, ci ritroviamo in un altro post!

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